lunedì 8 marzo 2010

la shiavitù




Nonostante l'universale condanna la schiavitù è una realtà del mondo contemporaneo, un fenomeno complesso e in continua evoluzione. Oggi si parla di milioni di vittime che fruttano all'economia mondiale miliardi di dollari.
Uomini, ma soprattutto donne e bambini sono soggeti a nuove forme di sfruttamento estremo, violazioni dei diritti umani che hanno ambiti e caratteristiche diversi anche rispetto al passato.

Varie sono le cause e diverse le forme di sfruttamento: tratta, sfruttamento sessuale donne e bambini, traffico d'organi, lavoro forzato, servitù domestica, servitù religiosa, sfruttamento bambini nei conflitti e per accattonaggio.




Non si vedono più catene, non esiste più il diritto legale di possedere un essere umano ma le persone sono comunque ridotte in schiavitù con la coercizione (anche indiretta), la negazione della libertà e soprattutto la violenza. La forma più comune è il debito: in cambio di un prestito di denaro la vittima s'impegna senza che vengano definiti durata e natura del servizio, che poi non andrà a ridurre il debito originario. Esistono inoltre la schiavitù basata sul possesso - forma praticata in Africa settentrionale e occidentale e in alcuni paesi arabi e la schiavitù contrattualizzata che consiste nell'offrire un contratto al lavoratore per poi ridurlo in schiavitù una volta arrivato sul posto di lavoro.


Il profitto totale annuo generato dal lavoro schiavo si aggira, secondo Kevin Bales di Anti-Slavery International, intorno ai 13 miliardi di dollari, ma il valore indiretto è assai maggiore: ad esempio il carbone prodotto dagli schiavi è alla base della produzione dell'acciaio brasiliano.
Alcune voci di questo business: sono circa 12 miliardi i guadagni ricavati dal traffico di esseri umani - soprattutto di donne sfruttate sessualmente - quello che l'Onu definisce la terza attività illegale più redditizia del mondo (dopo il traffico di armi e di droga); ottocentosessanta milioni di dollari è il ricavato dai braccianti vincolati a debito.



La prostituzione nel mondo è regolamentata giuridicamente in modo ampio e variegato, dalla pena di morte alla legalizzazione completa
Nei casi più estremi, secondo alcuni codici legali, in particolare di paesi musulmani, la prostituzione è sanzionata con la "pena di morte"; in altri paesi avviene il fenomeno diametralmente opposto, in quanto le prostitute pagano regolarmente le tasse e sono sindacalizzate, ad esempio nei Paesi Bassi, ed in questi paesi i bordelli possono farsi pubblicità (anche se le prostitute devono avere raggiunto la maggiore età, generalmente 18 anni).

Le leggi variano parecchio in base a quale ruolo si ricopre (prostituto/prostituta, cliente, protettore).

La situazione legale in Germania, in Svizzera (dove la discussione sull'età minima per prostituirsi è al centro di uno scontro vivace tra chi sostiene che la soglia debba essere abbassata a 16 anni e chi sostiene debba essere mantenuta a 18), ed in Nuova Zelanda è simile a quella dell'Olanda.

Nello stato australiano del Nuovo Galles del Sud, qualsiasi persona di età superiore ai 18 anni può offrire prestazioni sessuali in cambio di denaro. In un altro stato australiano, Victoria, una persona che desideri svolgere l'attività di prostituta può richiedere una regolare licenza. Le prostitute che lavorano in una propria attività o in attività altrui devono essere registrate. Le "sex-workers" individuali non necessitano di alcuna registrazione o licenza.

In alcuni paesi, lo statuto legale della prostituzione può variare in base all'attività: in Giappone, per esempio, la prostituzione "vaginale" è contro la legge, mentre il sesso orale a pagamento è legale e colui che lo compie è come se non esercitasse affatto la prostituzione.

In Turchia la prostituzione di strada è legale, così come la prostituzione nei bordelli regolati dal governo. Tutti i bordelli devono avere una licenza così come la devono avere tutte le lavoratrici.

Nel Regno Unito la prostituzione non è formalmente illegale ma diverse attività di contorno ad essa lo sono. Ed infatti in Inghilterra ed in Galles sono illegali:

per una prostituta attirare clienti in strada o in un luogo pubblico, mettendo così di fatto fuori legge la prostituzione,
per un potenziale cliente richiedere persistentemente, anche se da un veicolo motorizzato,
possedere o dirigere un bordello,
la prostituzione minorile, per il cliente (dove il minore è definito tale in quanto più giovane di 18 anni)
infine è illegale il controllo della prostituzione (lenocinio).
In Inghilterra e Galles il governo sta considerando l'ipotesi di concedere l'apertura di piccoli bordelli, fermo restando il divieto di prostituirsi lungo le strade. Una situazione simile si verifica in Scozia, dove la prostituzione in sé non è illegale bensì le attività associate. Un progetto di legge che istituisse delle zone di tolleranza per la prostituzione era stato promosso nel Parlamento Scozzese, ma non è riuscito a diventare legge.

In soli due Stati degli Stati Uniti è considerato legale comprare e vendere prestazioni sessuali. Bordelli legali sono presenti in diverse contee del Nevada e del Rhode Island, dove la compravendita del sesso non è illegale, ma lo sono la prostituzione per le strade e i bordelli.

In Canada, la prostituzione in sé è legale, ma anche in questo caso la maggior parte delle attività collaterali non lo sono. Non è legale ad esempio vivere esclusivamente di prostituzione senza essere di alcuna utilità alla società (strumento questo per ostacolare il fenomeno del lenocinio) ed è illegale inoltre (per ambo le parti) negoziare in un luogo pubblico, (incluso nei bar). Per mantenere una parvenza di legalità, le agenzie di accompagnamento organizzano un incontro tra l'accompagnatrice (o accompagnatore) ed il cliente. La Corte Suprema Canadese ha stabilito nel 1978 che, per essere condannati per adescamento, l'atto deve essere “pressante e persistente”. Allo stesso modo in Bulgaria la prostituzione in se è legale, ma la maggior parte delle attività collegate (come il lenocinio) sono fuorilegge.

In Svezia è legale vendere sesso, ma è illegale il lenocinio e dal 1999 anche comprare servizi sessuali. La ragione di questa legge è nella protezione delle prostitute, poiché molte di loro sono state forzate a prostituirsi da qualcuno o dalle necessità economiche. La Norvegia ha la stessa legislazione della Svezia. Chi si prostituisce generalmente è visto dai governi come persona oppressa, mentre i loro clienti sono visti come oppressori. Nel caso di prostituzione minorile, in Olanda essere clienti (a meno che il cliente sia egli stesso minore di 16 anni) o protettori è illegale, ma in tal caso non è illegale prostituirsi. Nella maggior parte dei paesi dove la prostituzione è criminalizzata, chi si prostituisce viene arrestato e perseguitato più dei clienti.

In Brasile e Costa Rica, la prostituzione in proprio è legale, ma guadagnare dalla prostituzione altrui è illegale.

La prostituzione è legale per i cittadini in Danimarca, ma è illegale trarne profitto. In questo paese la prostituzione non è regolata come nei Paesi Bassi, bensì il governo cerca attraverso interventi sociali di portare le persone fuori da essa indirizzandole verso altri mestieri, e cerca di ridurre al contempo l'introito delle attività criminali e altri effetti collaterali negativi derivanti dalla prostituzione.

In Thailandia la prostituzione è illegale così come stabilito dal Prevention and Suppression Act, B.E. 2539 del 1996.

Nel 1949, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la “Convenzione per la soppressione del traffico di persone e lo sfruttamento della prostituzione altrui”, affermando che la prostituzione forzata è incompatibile con la dignità umana, richiedendo a tutte le parti coinvolte di punire i protettori e i proprietari dei bordelli e gli operatori e di abolire tutti i trattamenti speciali o la registrazione delle prostitute. La convenzione fu ratificata da 89 paesi ma la Germania, i Paesi Bassi e gli Stati Uniti non parteciparono.





Sono più di 300.000 i minori di 18 anni attualmente impegnati in conflitti nel mondo.
Centinaia di migliaia hanno combattuto nell'ultimo decennio, alcuni negli eserciti governativi, altri nelle armate di opposizione. La maggioranza di questi hanno da 15 a 18 anni ma ci sono reclute anche di 10 anni e la tendenza che si nota è verso un abbassamento dell'età. Decine di migliaia corrono ancora il rischio di diventare soldati.

Il problema è più grave in Africa (il rapporto presentato nell'aprile scorso a Maputo parla di 120.000 soldati con meno di 18 anni) e in Asia ma anche in America e Europa parecchi stati reclutano minori nelle loro forze armate.

Negli ultimi 10 anni è documentata la partecipazione a conflitti armati di bambini dai 10 ai 16 anni in 25 Paesi. Alcuni sono soldati a tutti gli effetti, altri sono usati come "portatori" di munizioni, vettovaglie ecc. e la loro vita non è meno dura e a rischio dei primi.
Alcuni sono regolarmente reclutati nelle forze armate del loro stato, altri fanno parte di armate di opposizione ai governi; in ambedue i casi sono esposti ai pericoli della battaglia e delle armi, trattati brutalmente e puniti in modo estremamente severo per gli errori. Una tentata diserzione può portare agli arresti e, in qualche caso, ad una esecuzione sommaria.
Anche le ragazze, sebbene in misura minore, sono reclutate e frequentemente soggette allo stupro e a violenze sessuali. In Etiopia, per esempio, si stima che le donne e le ragazze formino fra il 25 e il 30 per cento delle forze di opposizione armata.

Anche nella storia passata i ragazzi sono stati usati come soldati, ma negli ultimi anni questo fenomeno è in netto aumento perché è cambiata la natura della guerra, diventata oggi prevalentemente etnica, religiosa e nazionalista. I "signori della guerra" che le combattono non si curano delle Convenzioni di Ginevra e spesso considerano anche i bambini come nemici. Secondo uno studio UNICEF, i civili rappresentavano all'inizio del secolo il 5 per cento delle vittime di guerra. Oggi costituiscono il 90 per cento.

L'uso di armi automatiche e leggere ha reso più facile l'arruolamento dei minori; oggi un bambino di 10 anni può usare un AK-47 come un adulto. I ragazzi, inoltre, non chiedono paghe, e si fanno indottrinare e controllare più facilmente di un adulto, affrontano il pericolo con maggior incoscienza (per esempio attraversando campi minati o intrufolandosi nei territori nemici come spie).

Inoltre la lunghezza dei conflitti rende sempre più urgente trovare nuove reclute per rimpiazzare le perdite. Quando questo non è facile si ricorre a ragazzi di età inferiore a quanto stabilito dalla legge o perché non si seguono le procedure normali di reclutamento o perché essi non hanno documenti che dimostrino la loro vera età.

Si dice che alcuni ragazzi aderiscono come volontari: in questo caso le cause possono essere diverse: per lo più lo fanno per sopravvivere, perché c’è di mezzo la fame o il bisogno di protezione. Nella Rep. Democratica del Congo, per esempio, nel '97 da 4.000 a 5.000 adolescenti hanno aderito all'invito, fatto attraverso la radio, di arruolarsi: erano per la maggior parte "ragazzi della strada".

Un altro motivo può essere dato da una certa cultura della violenza o dal desiderio di vendicare atrocità commesse contro i loro parenti o la loro comunità. Una ricerca condotta dall'ufficio dei Quaccheri di Ginevra mostra come la maggioranza dei ragazzi che va volontario nelle truppe di opposizione lo fa come risultato di una esperienza di violenze subite personalmente o viste infliggere ai propri familiari da parte delle truppe governative.



Una forma di sfruttamento

Per i ragazzi che sopravvivono alla guerra e non hanno riportato ferite o mutilazioni, le conseguenze sul piano fisico sono comunque gravi: stati di denutrizione, malattie della pelle, patologie respiratorie e dell'apparato sessuale, incluso l'AIDS.

Inoltre ci sono le ripercussioni psicologiche dovute al fatto di essere stati testimoni o aver commesso atrocità: senso di panico e incubi continuano a perseguitare questi ragazzi anche dopo anni. Si aggiungano le conseguenze di carattere sociale: la difficoltà dell'inserirsi nuovamente in famiglia e del riprendere gli studi spesso è tale che i ragazzi non riescono ad affrontarla. Le ragazze poi, soprattutto in alcuni ambienti, dopo essere state nell'esercito, non riescono a sposarsi e finiscono col diventare prostitute.

L'uso dei bambini soldato ha ripercussioni anche su gli altri ragazzi che rimangono nell'area del conflitto, perché tutti diventano sospettabili in quanto potenzialmente nemici. Il rischio è che vengano uccisi, interrogati, fatti prigionieri.

Qualche volta i bambini soldato possono rappresentare un rischio anche per la popolazione civile in senso lato: in situazioni di tensione sono meno capaci di autocontrollo degli adulti e quindi sono "dal grilletto facile".

Per quanto molti stati siano riluttanti ad ammetterlo, l'uso di bambini soldato può essere considerato come una forma di lavoro illegittimo per la natura pericolosa del lavoro. L'ILO riconosce che: "il concetto di età minima per l'ammissione all'impiego o lavoro che per sua natura o per le circostanze in cui si svolge porti un rischio per la salute, la sicurezza fisica o morale dei giovani, può essere applicata anche al coinvolgimento nei conflitti armati". L'età minima, secondo la Convenzione n° 138, corrisponde ai 18 anni.
Ricerche ONU hanno mostrato come la principale categoria di ragazzi che diventa soldato in tempo di guerra, sia soggetta allo sfruttamento lavorativo in tempo di pace.
La maggioranza dei bambini soldato appartiene a queste categorie:

ragazzi separati dalle loro famiglie (orfani, rifugiati non accompagnati, figli di single)
provenienti da situazioni economiche o sociali svantaggiate (minoranze, ragazzi di strada, sfollati)
ragazzi che vivono nelle zone calde del conflitto.

Chi vive in campi profughi è particolarmente a rischio di essere sfruttato da gruppi armati. Le famiglie e le comunità sono distrutte, i ragazzi sono abbandonati a se stessi e la situazione è di grande incertezza. I rifugiati sono così spesso alla mercé dei gruppi armati.


http://maps.google.it/maps?f=q&source=s_q&hl=it&geocode=&q=bambini+soldato+&sll=45.02695,12.480469&sspn=25.959389,78.662109&ie=UTF8&hq=bambini+soldato&hnear=&t=h&z=4

STATISTICHE

Rapporto Unodc: quasi un quarto delle vittime sono minori abusati da pedofili, costretti a lavorare, addestrati a uccidere. Nel 30% delle nazioni, i trafficanti sono in maggioranza donne: ex-vittime che diventano carnefici a loro volta
New York - Hanno mani da bambino, occhi di donna, visi giovanissimi. Hanno vite fantasma: è il popolo degli invisibili, gli schiavi del pianeta. Il 20%, a livello mondiale, sono bambini. Ma diventano la maggioranza in alcune regioni dell‟Africa e del Delta del Mekong, dove il business dei più piccoli sui mercati della schiavitù cresce in modo agghiacciante. A causa della povertà, finiscono abusati in mano ai pedofili, o preda di aguzzini che li sfruttano per cucire borse, raccogliere cacao, chiedere l‟elemosina, farne soldati spietati addestrati a uccidere prima che a leggere. L‟80% del traffico di esseri umani è finalizzato allo sfruttamento sessuale, il 18% al lavoro forzato. Sono soprattutto le donne a essere vendute e schiavizzate per finire sul mercato del sesso.
Nel 30% delle nazioni, anche i trafficanti sono in maggioranza donne: le ex-vittime diventano carnefici a loro volta. La schiavitù moderna è “vicina di casa”, la maggior parte dei traffici avviene all‟interno dei confini nazionali. È il quadro fornito dall‟Ufficio delle nazioni unite contro la droga e il crimine (Unodc), che ha presentato a New York il primo rapporto sulla tratta delle bianche. E il direttore esecutivo dell‟Undoc, Antonio Maria Costa, lancia l‟allarme: “rischiamo di combattere alla cieca per la mancanza di informazioni, dovuta all‟ostruzionismo dei governi, molti dei quali negano ancora l‟esistenza del traffico di esseri umani”.
Il dossier non fa mistero dei suoi molti limiti, come quello dell‟impossibilità di stimare una cifra globale degli esseri umani ridotti in schiavitù. Un fenomeno che sfugge alle statistiche ufficiali e che spesso è fuori dalla giustizia penale. Ad esempio, il dato sul lavoro forzato è sicuramente sottostimato per la scarsa visibilità del fenomeno. A differenza della prostituzione, che avviene sulle strade, i laboratori sotterranei sono difficili da individuare, sottolinea il rapporto. Sempre secondo l‟Onu, il loro numero reale è destinato ad aumentare “per l‟acuirsi della crisi economica , che avrà come conseguenza una maggiore richiesta di beni e servizi a prezzi molto bassi”. L‟indagine si basa sui casi denunciati, le vittime e il numero di processi in 155 Paesi partecipanti, fra cui quasi tutti i più grandi del mondo.

Tra gli assenti illustri troviamo la Cina, la Libia e la Tunisia, da anni al centro di inchieste e denunce sui traffici e le violazioni dei diritti umani. Il numero di sentenze contro i trafficanti di schiavi è in aumento solo in alcuni Stati, nella maggior parte si attesta sull‟1,5 ogni 100.000 abitanti, un livello particolarmente basso in relazione al presunto numero di vittime. Nel 2007-2008 il 20 per cento delle nazioni del mondo non ha emesso una sola sentenza di questo tipo.
Il rapporto fa il punto sulle misure legislative adottate dal 2003, quando è entrato in vigore il Protocollo delle Nazioni Unite contro il traffico di esseri umani , principale accordo internazionale in materia. Da allora, il numero degli Stati che lo hanno applicato è raddoppiato. Ma esistono nazioni, soprattutto in Africa, che ancora non hanno la volontà o i mezzi per mettere in atto strumenti giuridici di contrasto. Solo sei anni fa, appena un terzo dei 155 Paesi esaminati aveva nella legislazione delle norme contro il traffico di esseri umani. A novembre del 2008, il 63 per cento di questi Stati aveva adeguato la normativa, votando delle leggi specifiche anche contro lo sfruttamento della prostituzione e il lavoro forzato.
In testa alla classifica mondiale America del Nord, Europa e Australia. Nel nostro paese, romeni protagonisti del mercato degli schiavi. ''Ma i dati sono indicativi, il business potrebbe essere molto più ampio''
New York - Il traffico di esseri umani è una realtà in Italia e nel resto d'Europa, ma ancora non si conosce l'ampiezza del fenomeno e quindi non lo si può contrastare efficacemente. È questo il bilancio che emerge dal primo rapporto globale sulla tratta degli esseri umani, pubblicato dall'Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine, Unodc, sulle risposte di155 Paesi e territori. Secondo la mappa globale, la tratta degli schiavi sarebbe una realtà consolidata nel mondo occidentale e nei Paesi più ricchi. Alla testa della classifica si piazzano America del Nord, Europa e Australia, con almeno 10 condanne l'anno per i trafficanti di schiavi. Il 66% delle vittime, a livello globale, sono donne, rivendute sulle strade del sesso a pagamento.

In Italia e in Europa, spesso sono i romeni i protagonisti del mercato degli schiavi, sia come carnefici sia come vittime, secondo quanto si evince dal rapporto. Nella Penisola, il crimine specifico di traffico di esseri umani è stato introdotto nel 2003 (art.601 del codice di procedura penale). Prima, esistevano solo l‟articolo 600 del Codice penale, che punisce la „riduzione in schiavitù‟ e l‟art. 602 sulla „tratta degli schiavi‟. Secondo la Direzione nazionale antimafia, circa mille persone sono state processate per aver violato l‟articolo 601, tra il 2003 e il 2007. Di queste, la maggioranza sono romeni (217 persone), seguono gli italiani (203), gli albanesi (176) e i nigeriani (144). Nello stesso periodo, oltre 2 mila persone sono comparse davanti ai giudici per „riduzione in schiavitù‟. Ma siccome non esiste un archivio unico e bisogna incrociare i dati, non è possibile capire se le rilevazioni si sovrappongano. Anche la maggior parte delle vittime del traffico nel nostro Paese sono romene (oltre 200), seguono quelle italiane, con una cifra molto inferiore (53). Ogni anno, circa 300 adulti e 50 bambini sono stati identificati come vittime della „schiavitù‟
I risultati dell'attività investigativa italiana risultano particolarmente bassi, se comparati con altri membri dell'Ue. In un altro Paese frontiera, come la Spagna, gli arresti per tratta di esseri umani sono stati 1.200 l'anno dal 2003 in poi. Nel solo biennio, 2005-2006, sono state identificate circa 4 mila vittime, di cui, ancora una volta, la stragrande maggioranza, oltre 1.500, sono romeni. Seguono i brasiliani, circa un migliaio. Dal 60 all'80% del business degli schiavi è rivolto allo sfruttamento sessuale. In Francia esiste un Ufficio centrale per la repressione della tratta di esseri umani (Ocrteh), che, tra il 2005 e il 2006, ha identificato 2.400 vittime, soprattutto donne costrette a prostituirsi, di cui 1.800 sono francesi. In Germania il crimine specifico esiste dal 1973. Tra il 2005 e il 2007, la polizia tedesca ha identificato oltre 2 mila vittime, di cui la maggioranza tedeschi. Anche qui, i secondi per numero sono i romeni.
Si tratta di dati indicativi, ma da prendere con le pinze, per la stessa ammissione dei curatori del rapporto, che sottolineano: “Paesi con un sistema giudiziario molto attento possono avere una mole di attività di contrasto anche quando il traffico di esseri umani è abbastanza raro. E viceversa: ci possono essere Stati meno capaci ma con un problema più ampio”. È probabilmente il caso dell'Africa subsahariana e del Maghreb, dove in molte nazioni il fenomeno risulta inesistente nelle statistiche ufficiali dei sistemi giudiziari.

http://www.youtube.com/watch?v=XQlZJ1mzj8Y

domenica 7 marzo 2010

pettinature africane






Secondo la tradizione africana ogni comunità , stato civile, età e avvenimento richiede ua specifica e particolare acconciatura, che non solo è un valore estetico, ma è vero e proprio segno di riconoscimento, un elemento distintivo all 'interno della società. E perde l' Africa è una terra di molteplici culture, di popoli e influenze differenti anche le tradizioni e i riti legati ai capelli sono tanti, ognuno con una caratteristica e significato proprio. Una donna africana inizia ad occuparsi della propria bellezza in età adolescenziale, infatti prima di questo momento, l' accaonciatura di una bambina è semplice e poco appariscente.








Addiritura in alcune tribù il capo viene rasato al momento della nascita e mantenuto tale fino all' adolescenza , non solo per una scelta culturale, ma sopratutto igenica, per preservare i bambini da possibli parassiti. Generalmente per le donne e gli uomini adulti il panorama delle pettinature assume un aspetto e decisamente più complicato, da un capo rasato e decorato solo con colori naturali e treccine, crocchie, palline, grappoli, addiritura impalcature insomma vere e proprie sculture .Nelle tribù del Kenya , ad esempio, sia al neonato che alla madre viene rasato il capo con una rudimentale lametta e viene celebrato un rito che rappresennta l ' inizio di un lungo viaggio, un viaggio che madre e figlio condivideranno e li porterà ad una vita nuova. Sempre secondo usanze delle tribù, le donne portano il capo completamente rasato anche da adulte, poichè gli uomini della comunità lo riconoscono come un simbolo di grande femminilità e viene percepito come un forte richiamo di sensualità.
In un altra tribù del deserto del Kenya, invece la tradizione vuole che le donne nel momento del parto del primo bambino, si modellino sulla testa una cresta fatta di fango, grasso animale e ocra. I manga betù, tribù dell' Africa equatoriale, hanno una forma innaturale stretta e allungata della parte superiore della testa che esprime l ideale di bellezza della nobiltà. Per ottenere una simile confomazioe cranica, i genitori avvolgono e legano in modo incredibilmente stretto le teste dei bambini con dei nastri , e una volta adulti soprattutto led onne enfatizzano tale effeto stringendosi i capelli con i fili rigidamente intrecciati fino ad ottenere un acconciatura a canestro.
Si potrebbe parlare all ' infinito di tutti i modi, gli usi, gli stili delle acconciature africane partendo da molto lontano fino ai giorni nostri. Oggi più che mai infatti dall America all' Europa prende spunto dalla tradizione africana, spesso rivedendola e addotandola al gusto occidentale cercando però di non perderne la particolarità e la vera essenza.


http://www.youtube.com/watch?v=ZrzI4l8MHwI